LAURA ANANIA

Sandrine Alexie, Kawa il Kurdo (2013)

Dai confini della storia, da un tempo prossimo alle origini della memoria collettiva, arriva a noi la storia di Kawa, mito di fondazione del popolo Kurdo, un capolavoro di letteratura orale trascritto con penna felice da Sandrine Alexie e qui restituito nell’accurata traduzione di Laura Anania.

Il volume che reca il sottotitolo “Alle origini di un popolo negato” racconta il mito fondativo del popolo kurdo attraverso la leggenda del fabbro Kawa che uccise il tiranno assiro Dehok, un mito che si rinnova il 21 marzo di ogni anno con l’antica festa del Newroz, il Capodanno kurdo.

Giorno che segna l’inizio di un nuovo anno, una manifestazione ed una festa, simbolo della Resistenza e della speranza di liberazione del popolo kurdo. Ė la storia di un popolo negato che grida la sua esistenza.

L’opera è stata selezionata tra i finalisti del premio internazionale “Michelangelo Buonarrotti” di Serravezza (2015).

LAURA ANANIA

Necat Çetin, Siediti e ascolta (2015)

Una raccolta di racconti popolari trasmessi per generazioni, da bocca a orecchio, nelle terre dell’Anatolia prevalentemente abitate dai Kurdi: questo è tutto ciò che resta dall’immane mole di materiale etnografico raccolta da Necat Çetin negli anni 1990, villaggio dopo villaggio, andata irrimediabilmente perduta.

 

Necat ha percorso per più di dieci anni i villaggi dell’Anatolia sud-orientale, nell’ambito di un progetto di ricerca collettiva sulle tradizioni culturali più profonde del popolo kurdo, una ricerca che allora assumeva un carattere rivoluzionario.

In questo modo era riuscito a raccogliere una quantità notevole di testimonianze di ogni genere: annotazioni, registrazioni, fotografie, interviste, disegni… e racconti. Migliaia e migliaia di documenti, che avrebbero dovuto poi essere rielaborati in previsione di una pubblicazione.

Ma in quegli anni non era per niente facile occuparsi di questi argomenti; parte del materiale venne confiscato, parte fu bruciato dalla madre di Necat, che conviveva ormai da troppo tempo con il timore che l’impegno dei suoi figli continuasse a portarli ad affrontare la durezza delle repressione.

Si è salvato soltanto un fascicolo di racconti della tradizione orale, prestato a un amico e non restituito, finito casualmente tra le mani di un editore di Istanbul, che coraggiosamente, nel 2003, decise di pubblicarlo con il titolo del racconto più lungo, Pixço, andando incontro a una conseguente condanna (in quegli anni in Turchia era vietato pubblicare in lingua kurda) e a una salata multa, comminata anche allo scrittore.

 

L’edizione originale è stata pubblicata senza la revisione del testo da parte dell’Autore: si trattava soltanto di appunti destinati a un approfondimento e come tali sono stati dati alle stampe.

Questa edizione italiana, nella quale a ogni racconto segue la sua versione originale in Kurmanji, rende ragione di questo prezioso lavoro di grande interesse antropologico, completando il lavoro almeno su quanto si è salvato, anche sul testo originale, che è stato, per quanto possibile, corretto.

Dal corpo dei racconti emerge intatta l’immagine della gestione della vita del villaggio, uno stile di vita, una collocazione spazio-culturale genuina, scevra da condizionamenti legati alla religione del macro-contesto con il quale la cultura kurda ha dovuto misurarsi da secoli.

Emerge chiaramente la matrice laica, fortemente terrena, che la caratterizza, legata a una forma religiosa originaria ben diversa dalle religioni rivelate, e che, benché duramente messa alla prova nel corso dei secoli, talvolta riaffiora.

Il testo è arricchito da una mappa indicativa realizzata espressamente da una disegnatrice e da diverse riproduzioni di opere di due artisti kurdi: Halise Çetin, sorella di Necat, artista molto produttiva, ancora attiva in Turchia, e Zennun Karakaş, un giovane profugo ancora in attesa di asilo politico in Italia.

Insegnante e traduttrice, si occupa da più di vent'anni di Turchia e di cultura kurda, in collaborazione con l'Associazione di Ricerca Antropologica Antrocom onlus (www.antrocom.org): sul sito della Community ha scritto alcune recensioni di pubblicazioni sull'argomento e sulla Rivista online Journal of Anthropology ha pubblicato l'articolo "Il Kurdistan: una terra e il suo popolo" (http://www.antrocom.net/archives/2005-2/volume-1-number-2/ ).

Nel 2013 ha tradotto dal Francese il volume "Kawa le kurde" di Sandrine Alexie, pubblicato, con il contributo dell'Associazione "Verso il Kurdistan" di Alessandria, per Edizioni Pentàgora col titolo "Kawa il Kurdo", finalista al Premio Internazionale "Michelangelo Buonarroti"di Seravezza (LU).

Nel 2015 ha tradotto dal Kurdo Kurmanji e rielaborato con l'Autore il volume "Pixço" di Necat Çetin, pubblicato sempre per Edizioni Pentàgora, col titolo "Siediti e ascolta", con il patrocinio e il contributo di Antrocom Onlus.

Attualmente sta lavorando a nuove traduzioni.

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